Baglietto 18 M
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The very last “artisanal” Baglietto motoryacht, more expensive for the shipyard than for Sixties buyers: “La barca relativamente più costosa fu però il 18 M. Era una barca a tre cabine, la padronale regolarmente a poppa, le due ospiti a prora, per la prima volta estese da murata a murata, grazie ad una loro propria scala che scendeva dalla timoneria. Credo che il 18 M sia stata la barca di serie più lussuosa che abbiamo mai fatto. Tanti magnifici clienti, il più divertente Peter Sellers. Ma su ogni barca ci si rimetteva”. Pietro Baglietto
Specification 18 M
Loa 18,40 m
Beam 4,80 m
Draft 1,35 m
Displ 25/28/30 tons
Gross tonnage 49,91 t
18 boats were launched from 1964 to 1968 fron n°11 to n°28.
Fasciame di mogano su struttura lamellare di mogano.
Editoriale NauTech ottobre 2007
di Edoardo Napodano
Pietro Baglietto: lezione industriale, lezione tecnica
Ingegnere, progettista, uomo di cantiere, conoscitore dei clienti e del mercato, primo presidente Aspronadi. Nella sua vita c’è tutto. C’è tutta la nautica, anche quello che sarebbe diventata, nella sua evoluzione moderna. Studiarne il percorso professionale, parlare con chi lo ha conosciuto –nomi eccelsi del nostro settore- e ci ha lavorato, leggerne gli scritti è un tuffo nella storia: palpitante non polverosa. Il passaggio da artigianato a industria; l’evoluzione tecnica di costruzione e il progresso delle prestazioni; i concetti cardine del meccanismo economico che regge un cantiere navale; cambiamento e differenziazione dei clienti, pubblici e privati; soluzioni e intuizioni progettuali di carene o di interni; utilizzo dei materiali; perfino provvedimenti di quello che oggi si chiamerebbe “marketing” puro e stratagemmi di vendita. I maestri -per la vela- Laurent Gilles e Olin Stephens. I collaboratori, colleghi e consulenti o mentori, eccezionali: Peter du Cane, Lindsay Lord, Ray Hunt Renato Sonny Levi, Giorgio Barilani, progettazione; Paolo Caliari e Piero Pinto, architettura d’interni; Guido Prina poi Uberto Moncada e Starrabba, vendita (i primordi dei broker!); Richard Ross, metodi costruttivi e direzione cantiere (la proto-industria nautica sostituisce l’artigianato). Un parterre da brivido. L’Ingegner Baglietto rappresentava la terza generazione alla testa del cantiere di famiglia, lasciato nel 1981 dopo la crisi economico-finanziaria dell’Italia degli anni Settanta che aveva affondato praticamente tutti i grandi cantieri italiani e il cui effetto è mirabilmente descritto nell’articolo dell’Ingegnere (risultato –terza generazione arrivata al comando- che saremmo curiosi di rilevare nel futuro degli attuali protagonisti del mondo cantieristico). Generazione alle prese col problema di produrre barche anche bellissime, spesso fuoriserie, ma antieconomiche per il cantiere. Da lì la necessità e soprattutto la capacità di passare ad un’organizzazione del lavoro e ad una concezione modulare e para-industriale del prodotto barca. Addirittura lo sviluppo e impostazione su linee di montaggio a personale fisso di due linee intercambiabili di imbarcazioni militari e da diporto: una lezione attuale. Al di là dell’ulteriore tipico scambio tecnologico dal militare al civile e della suddivisine delle tempistiche di costruzione e consegna. Sempre dal problema prettamente economico (che in generale per l’imprenditore –duole dirlo- deve precedere necessariamente qualsiasi altra considerazione, tecnica, estetica, di orgoglio…), lo studio e sperimentazione di materiali nuovi, leggeri e soprattutto economici. La realizzazione di interni “aeronautici” ad opera di Caliari, quando imperversava lo “stile bastimento, un 800 semplificato… molto più semplice dello stile nuovamente legnoso che sembra andare di moda oggi sugli yacht più importanti”. Senza dimenticare il passaggio epocale dal legno all’alluminio di scafi e sovrastrutture. Appartengono all’”Era Pietro Baglietto” i modelli –appunto epocali!- Elba, Capri, Maiorca, Minorca, Ischia. Che dirne in questa sede? Semplicemente motoryacht. Belli allora, belli oggi.
E’ curioso pensare che l’Ingegnere, appassionato yachtsman e grande velista sportivo ai suoi esordi, dovesse abbandonare progressivamente la progettazione e costruzione di yacht a vela e classi metriche (un nome per tutte, Lanzerota): “Le belle barche a vela fatte su commissione, non due uguali, non bastavano certo a tenere in piedi la baracca, e si comprese che ci si doveva buttare sulle barche in serie, che allora erano concepibili solo a motore”. Senza voler paragonare le vele di Varazze, e la loro tradizione, con gli esperimenti velici di inizio carriera dei colossi Azimut e Ferretti, un meccanismo imprenditoriale simile è stato alla base delle fortune imprenditoriali di tutti questi cantieri. Nel caso poi di Baglietto, vi era ai primordi del secondo dopoguerra un’intuizione di barca quasi “popolare” o meglio borghese che avrebbe dovuto ispirarsi al concetto di roulotte. Concezione presto virata al lusso: anzi si ritenne di occupare una posizione analoga a quella di Riva in un segmento di imbarcazioni più grandi. Operazione riuscita in pieno, se si pensa che il nome Baglietto è stato associato nell’immaginario collettivo anche e soprattutto all’estero, con l’idea stessa di grande yacht di lusso, tipico prodotto di quello che fu poi definito Made in Italy. Sotto il profilo tecnico citiamo solo i grandi progressi delle carene, a volte derivate da quelle per le unità militari, l’adozione dei flap telecomandati in plancia per l’assetto migliore “nel senso che a parità di manetta, i motori facevano più giri e la barca andava più forte” e la prua stava bassa con mare di poppa e alta con mare di prua, per la migliore stabilità possibile, trasversale e direzionale.
NauTech vuole rendere omaggio al grande personaggio pubblicandone un magnifico articolo.