Editoriale ottobre 2008 nautech
di Edoardo Napodano
La “nautica” non può andare in vacanza
Primi di agosto. Barca ferma da due anni, restaurata e riarmata, in consegna al cliente. Ritardi tecnici imprevedibili e cronica lentezza decisionale degli armatori (approvazione preventivi, scelta dei lavori, impossibilità di accavallare lavorazioni differenti) ne hanno posticipato pericolosamente il varo sotto le date di effettivo utilizzo. Il comandante, faticosamente trovato dopo decine di colloqui dall’inizio dell’anno, dà forfait. Peccato, anche perché avrebbe dovuto prendere in mano lo yacht un mese prima del varo, per tutte le sue infinite mansioni di controllo, test, armamento (con tempo e soldi si può risolvere tutto a bordo, tranne l’elemento equipaggio che resta drammaticamente un’incognita). Soprattutto sarebbe stato opportuno “vivere” la barca anche in mare per sistemare tutte le avarie che solo l’utilizzo ci “regala” e che in cantiere restano spesso occulte. Molto sulle barche nuove, moltissimo sulle barche vecchie. Particolarmente se non può avvenire un vero passaggio di consegne pratiche tra passata gestione (comandante e/o cantiere) e quella nuova. In più sono in arrivo o si cercano accessori diversi che intuendo paranormalmente la gravità del momento smettono di funzionare per sempre, da ché una settimana prima dimostravano ottima salute: caricabatterie, compressori, gommoni (l’onusta Zodiac in sciopero da mesi), pure la bussola!
Proprio in questo periodo –diremmo- concitato, ci aspettiamo tutta l’assistenza, la superpronta consegna, il massimo accesso alle informazioni e il coordinamento tra tecnici o installatori e produttori, la maggiore disponibilità di prodotti: balle. Si avete letto bene: Balle! Perché il mondo della nautica è forse uno dei meno professionali e più improvvisati in assoluto. Ma è mai possibile che proprio nel momento di maggior utilizzo e bisogno, le aziende, i meccanici, i distributori e compagnia bella vadano in ferie? Se proprio va bene rimangono a ranghi ridotti, impossibilitati a dare quel servizio di cui tanto si riempiono la bocca magari a novembre, quando potrebbero tranquillamente andare a funghi. Stagionalità della nautica vuole dire -deve voler dire- che tra giugno e settembre si lavora. Almeno si è reperibili. Significa che i corrieri devono consegnare in 24 ore e non in una settimana (e magari il pezzo sbagliato o incompleto). E se ciò dovesse essere impossibile, è necessario che le aziende si strutturino internamente per spedizioni efficaci. Abbiamo personalmente preso una moto per raggiungere un magazzino a ore di distanza dal porto pur di essere assolutamente certi di consegnare all’elettricista uno spinotto del valore intrinseco di 1 euro. Tutta la crociera di una nave di 60 tonnellate dipendeva da quello spinotto. Che naturalmente per motivi odiosamente commerciali è diverso e incompatibile con sistemi di marche diverse. Che per gli stessi motivi non viene incluso –malgrado le insistenze scritte di avere nella spedizione originale tutti gli accessori inimmaginabili al telefono e potenzialmente utili di quell’apparato, cioè tre stupidaggini- mettendo in difficoltà persone che lavorano, prima ancora degli armatori. I quali spendono – e molto- ignorano le nostre dinamiche e problemi e giustamente se ne fregano: hanno due tre settimane e vogliono partire a tutti i costi. Bene! Allora c’è a volte la maggiorazione dei servizi o accessori che i molti sciacalli della nautica praticano. Poi ci sono i cantieri che taglieggiano gli artigiani, i costi di esercizio che lievitano, tutti che chissà perché sono in ritardo o non capiscono e/o non fanno il lavoro come si deve…
Perché dobbiamo commuoverci se le cose filano lisce? Dovrebbe essere la normalità.
Pensateci la prossima volta che un cantiere, un’azienda di accessori, un dealer, uno ship-chandler, una ditta specializzata o un artigiano ci parlerà della solita immaginaria assistenza.