di Edoardo Napodano
Lusso “in alto mare”…
Roll-bar, plancette e ombrelloni . Aggiungiamo “garage” e abbiamo progettato-costruito una barca, un’automobile o una palazzina?
“Lusso in alto mare” titolava con involontaria ironia la presentazione di una nave che riproduce in 150 metri un mini-Principato. Edifici iconici di Monaco prendono il posto di sovrastrutture, tughe e ponti. Una voglia sfrenata di ottenere qualcosa di diverso da una barca, dall’utilizzo che sempre più prescinde, anzi prova fastidio per mare e navigazione. Non ha più nulla a che farci. Non per nulla il progetto si chiama: The Streets of Monaco. La plancia? Roba vecchia, piazziamoci un casinò; pozzetto? Macché, volete mettere con un pezzo di circuito di F1? Perché lesinare, perché perder tempo con noiosi e ammuffiti yacht , così seri e poco smart? Riproduciamo addirittura un simpatico e raffinato luna-park, ficchiamolo sullo scafo di una petroliera e facciamola finita. Tanto russi, cinesi e compagnia quello vogliono e quello diamogli. Gli arabi di pochi anni fa –pensate al Nabila- al confronto sembrano mecenati rinascimentali.
In questo periodo in cui alcuni professionisti del settore sono o si sentono volenti o nolenti più “liberi” –di esprimersi, di criticare, di avere il tempo per farlo, da obblighi di convenienza e di connivenza- si leggono finalmente commenti anche assennati e normali sul nostro mondo e sulla progettazione.
L’Università, le associazioni e anche noi di Nautech sentiamo di avere una responsabilità formativa verso i nostri lettori, gli studenti e i giovani tecnici e progettisti, in particolare. Ci sembra utile metterli in grado di non seguire acriticamente modi e mode; abbiano coscienza di punti di vista che non debbano essere necessariamente l’innovazione stilistica fine a sé stessa, la piaggeria al commerciale, l’epater le bourgeois nautique per ingraziarsi media e armatori a-competenti.
Abbiamo condotto sul nostro gruppo Nautech magazine schiette discussioni su roll-bar, livree, ali rigide, astro… navi. Il mezzo aiuta ad esprimersi, si ha la sensazione di parlare off the record, da cui ottimi e “veri” commenti di lettori professionisti in uno spettro che va dall’insospettabile rivalutazione del legno come antidoto alle mental masturbations di riciclo e smaltimento, fino alla stampa di imbarcazioni in 3D, possibile vera rivoluzione nello stantio ambito della costruzione. Tradizione e innovazione marinaresca, quando seria e non una trovata di marketing, vanno difese con maggior energia presso il pubblico e le giovani generazioni di operatori: anche perché in privato siamo poi quasi tutti d’accordo a trovare abominevoli o utopici roll-bar, plancette, finestrature ardite, verniciature scure o metallizzate in ambiente mediterraneo, ombrelloni al posto di tendalini, moto d’acqua e così via. Anche perché a furia di accettare tutto, di assecondare idee originali e finto-progressiste, capricci di committenti gangster, ci ritroviamo a dover commentare una città invece che una barca, proprio mentre vorremmo comunicare all’Italia e al mondo una voglia disperata di nautica normale e lavorare duramente alle basi culturali perché la si possa praticare normalmente.