Ovvero come la burocrazia italiana innervosirebbe anche il Mahatma Gandhi, ma non è un film
“Ci sono cose per cui sono disposto a morire, ma non ce ne è nessuna per cui sarei disposto a uccidere”
Parafrasando il Mahatma, stiamo per raccontarvi una vicenda che suona più o meno così per qualsiasi sano imprenditore o persona di buon senso: “Non sono più disposto a morire per la cantieristica e se non proprio a uccidere, 10 anni di lavori forzati in cantiere…”. Ricordiamo a tutti in quali anni difficili viviamo, che disperato bisogno di lavoro e di imprenditoria ci sia, che beneficio prezioso sia portare in Italia clienti esteri e quanto tutto ciò sia proclamato ipocritamente da tutti gli organi dello Stato. C’era una volta un imprenditore con la passione (documentabile e non per essere stato con lo zio in pattino da piccolo) della nautica. C’era, la stessa volta, un vecchio cantierino sgangherato. Bene, direte voi, matrimonio perfetto. Male, perché il matrimonio si celebra, ma diventa dopo due anni un inferno. Qualcosa di kafkiano, sul genere del film drammatico di Sordi “Detenuto in attesa di giudizio”. Non stiamo parlando di possibili investimenti speculativi o immobiliari: un cantiere di poche centinaia di metri quadri per 3 barche in croce, fatiscente, dimenticato, pressoché inutilizzato, senza recinzione, senza la minima sicurezza e messa a norma. Il nostro si arma di coraggio e con l’entusiasmo dell’inizio, recinta, mette a norma costruisce impianti elettrici inesistenti: progetto con ingegnere, architetto, direttore lavori, richieste di pareri interminabili a molteplici enti “con la sensazione purtroppo fondata di non essere mai veramente a posto”. Gli operai lavorano e si restaurano barche anche straniere. Poche, ma di qualità. Sottraendole alla ben più agguerrita Costa Azzurra. La prima batosta nel 2007 quando, pur ottenute tutte le autorizzazioni, avviene il sequestro del cantiere per la mancanza di un parere (tra gli infiniti) sul rifacimento di un piano di lavoro in acciaio. Durante il montaggio era stato controllato costantemente da vari organi, Capitaneria, Vigili ecc. e addirittura confortato da complimenti per la realizzazione eseguita a perfetta regola d’arte.
“… ora penso vi fossero altri modi di agire… invece sequestro dell’area, processo penale con relativi costi… demolizione immediata dell’opera e relativi costi… ottenimento del famoso timbro mancante. ..”. L’opera viene ricostruita esattamente come prima, il nostro protagonista assolto perché il reato non sussiste. Fermo cantiere di 9 (nove) mesi, perdita commesse e credibilità nei confronti dei clienti così duramente conquistati [immaginatevi cosa possa pensare di tutto ciò un cliente straniero, a cui infine venga il dubbio siate un pericoloso malfattore, ndr] e avvocati, avvocati, avvocati (ricordate Cassandra «Prevedo catastrofi! Prevedo disastri! Peggio, prevedo avvocati!» ne La dea dell’amore di W. Allen?).
L’anno successivo salta fuori una denuncia (incomprensibile e su cui ci informeremo meglio) per “innovazione tecnologica”, dovuta al taccaggio di una barca: il nostro si chiede se invece dei comuni tacchi avesse dovuto usare squadre di schiavi per tenerla in piedi nella guisa meno innovativa possibile. Lasciamogli la parola: «Sistemata [la denuncia ndr] dopo interminabili perizie e sospensioni e tralasciando piccole incomprensioni, arrivo allo scorso anno 2011. In primavera nel periodo più lavorativo mi vedo nuovamente sequestrato il cantiere. Motivazione: inquinamento ambientale e colpevole di non recuperare le acque di lavaggio e piovane. Dopo sette mesi di Conferenza di Servizi ottengo l’autorizzazione per emissioni in atmosfera; cosa che -saprò dopo- non sarebbe stata neanche dovuta, perché non rientrante nella casistica. Scoprono con stupore che avevo già cisterne per il recupero acque con relativi smaltimenti, tutto datato. Finalmente il 2 gennaio 2012 mi levano i sigilli dicendomi che adesso finalmente potevo lavorare. Ho tralasciato che dal 2005 tento invano di installare in una qualche maniera dei servizi igienici, poi risolti con un concordato bonario all’utilizzo di un vicino stabilimento balneare. Durante gli scorsi 7 mesi di Santa Inquisizione mi vedo notificare la rimozione quasi totale dei binari dello scalo, in quanto non presenti in concessione. 7 anni fa quando comprai, lo stato di fatto era quello attuale. Indago e tramite acquisizione di carte antiche – questo cantiere esiste da 180 anni – riesco a ricomporre il mosaico e dietro una nuova infinita richiesta di pareri attendo risposta, pare positiva. Invece la settimana scorsa mi autorizzano finalmente l’allaccio fognario per il solo lavamani». L’epopea non è finita: pochi giorni fa il cantiere viene sequestrato con le identiche motivazioni precedenti. Le autorizzazioni che anche se non servivano in quella forma ora invece per via delle mutate condizioni…Mentre consegniamo l’editoriale il cantiere viene dissequestrato. Chissà cosa potrà accadere da qui alla stampa.
Volete quindi conoscere la beffa più feroce, monicelliana?
«Il giorno prima del sequestro mi vedo recapitare un plico dall’Agenzia delle Entrate. Per il poco tempo che mi hanno lasciato lavorare ho prodotto un reddito ovviamente non congruo con gli studi di settore, indi la richiesta di somme di denaro che il mio commercialista sta vagliando».